Miriam Lodi ha compiuto 50 anni, è una cooperatrice, e lavora alla cooperativa sociale Azioni di Ferrara. “Ho un figlio di 13 anni, un passato turbolento. La mia è una storia di fatica”.
Inizia così la chiacchierata con Miriam. Riservata, schiva e di poche parole, come spesso lo sono le persone che si dedicano anima e corpo all’arte. “Se racconto di me, a 19 anni, sembra racconti di una persona che non riconosco più. Ero giovane, l’adolescenza, i profondi disagi di un’epoca, le brutte amicizie, la comunità di recupero”.
Frequentava l’Istituto d’Arte “Dossi Dossi” di Ferrara quando sono iniziate le prime avvisaglie di disagio: “Mi piaceva allora come ora l’arte, ma a scuola non andavo bene. Quando sono uscita dalla comunità di recupero ho chiesto all’Istituto di poter rientrare in classe, alcuni erano prevenuti – anche i professori – altri no, fortunatamente. Ci sono persone che sanno cosa vuol dire la sofferenza e sanno anche riconoscere chi è stato disposto a battagliare per poi tornare sulla strada maestra”. Miriam uscì dal “Dossi Dossi” con il massimo dei voti. Partecipò poi a concorsi d’arte e li vinse, piccole e grandi soddisfazioni sancite da premi e riconoscimenti. “Avevo la sensazione che in pochi anni la mia vita si fosse ribaltata”.
Anche la comunità cattolica, guidata a Ferrara da don Domenico Bedin fu per Miriam un passaggio fondamentale di crescita. “Sì, ripeto, una storia di fatica la mia. Il passato mi ha forgiata nelle relazioni – sono selettiva e introversa – stare tra la gente non è sempre facile e la pandemia sicuramente non ha aiutato”.
Dalla scuola secondaria si avvicinò alla Facoltà universitaria di Architettura. “Non andò come avrei voluto, rapporti troppo freddi e distanti e io avevo bisogno di essere accolta e forse guidata. Decisi quindi di lasciare l’Università e intrapresi un percorso autonomo di disegno: quadri ad olio in particolare, adoravo come ora il tratto, le curve morbide, i materiali e le tecniche nuove. Mi piaceva formarmi per poi uscire dagli schemi… l’arte permette di dar sfogo alle nostre inclinazioni”.
Miriam ha lavorato per diversi anni per una cooperativa nel Bolognese che produceva e dipingeva giacche in pelle: “All’inizio era davvero un lavoro rock, come i giubbotti che vendevamo. Tante ore di lavoro, parecchio impegno. Ma per una mamma è sempre difficile far quadrare la professione con la famiglia”.
Per i giochi del destino nel 2016 Miriam ritrova Don Bedin che le chiede di approdare alla cooperativa Matteo 25 di Ferrara della quale è socio e presidente onorario. Un direttore attento e sensibile all’arte comprende appieno le caratteristiche di Miriam e all’interno della cooperativa (che ora si chiama Azioni) danno vita ad un laboratorio, una falegnameria: “C’era fermento creativo e anche fermento umano: lavorare il legno, plasmarlo, renderlo vivo con colori e forme non era solo lavoro per me, ma tutto quello che potevo desiderare. Vedere la mia produzione occupare gli scaffali di un negozio in pieno centro a Ferrara era un sogno”.
La pandemia ha rallentato tutto e diversificato il lavoro.
La produzione ora viene proposta sui social – Instagram e Facebook alla pagina “TwentyFive”. I prodotti sono esposti nella sede della cooperativa Azioni - via Renata Viganò, 1 - a Ferrara e la comunicazione digitale aiuta a dar valore e a far conoscere l’arte di Miriam e della cooperativa.
A cura di Pamela Tavalazzi / ufficio stampa Confcooperative Ferrara