Quarant’anni di impegno con il Ceis (Centro italiano di solidarietà) di Modena. Li racconta il fondatore padre Giuliano Stenico, oggi presidente della Fondazione Ceis onlus (erede del Ceis), in un libro disponibile da qualche giorno nelle principali librerie ed edicole di Modena, oltre che nel sito dell’editore (Artestampa).
Una ragionevole follia. La mia vita con il Ceis è stato scritto in collaborazione con il giornalista Alessandro Alvisi. La prefazione è del cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana. C’è anche una testimonianza di mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola.
In controcopertina, invece, troviamo un “omaggio” di Roberto Benigni.
In otto capitoli 40 anni di impegno con il Ceis
Il libro comprende otto capitoli: 1) Le mie scelte di vita; 2) L’incontro con don Mario Picchi; 3) Il Ceis di Modena; 4) La persona al centro; 5) Accanto ai minori; 6) L’attenzione al genere; 7) La prevenzione; 8) Scenari di futuro.
Viene raccontata la vita di padre Giuliano Stenico e il suo impegno con il Ceis, nato a Modena nel 1982.
Oggi il consorzio gruppo Ceis raccoglie in tutto undici enti, tra cui nove cooperative sociali, un’associazione e una fondazione che si occupano di dipendenze, minori, disagio psichico, sfruttamento, violenza, immigrati, disturbi del comportamento alimentare, inserimento socio-lavorativo, assistenza agli anziani, aggregazione giovanile, formazione, ricerca, prevenzione, sportelli d’ascolto e solidarietà.
Padre Stenico spiega come la sua formazione religiosa, influenzata dal Concilio Vaticano II, dalle radici familiari alla creazione del Ceis, lo abbia portato a vedere la spiritualità come un impegno attivo nella condivisione dei bisogni e responsabilità verso i più fragili.
La visione del Ceis ha coinvolto volontari e professionisti nel sostegno delle persone in difficoltà: l’attenzione al singolo e, allo stesso tempo, alla costruzione di relazioni autentiche e l’assunzione di responsabilità condivisa hanno permesso di rispondere ai bisogni emergenti della società. L’opera risulta essere un tributo al potere della comunità nel fronteggiare le sfide sociali e personali, offrendo un messaggio di speranza e continua ricerca del bene possibile.
Il Ceis è diventato un modello di intervento sociale grazie alla sua capacità di anticipare i tempi e promuovere una cultura inclusiva e solidale, contribuendo a cambiare la percezione e il trattamento delle dipendenze nelle società italiane.
Padre Stenico
Il motivo del libro lo descrive nell’introduzione lo stesso padre Giuliano Stenico. “Ripercorrere la storia del Ceis evidenzia la visione, le aspirazioni, desideri, ideali, motivazioni, lo stile e approccio che hanno consentito il suo sviluppo, la solidità e coerenza. L’intenzione è risaltare il messaggio, mantenere aperta la tensione verso il bene possibile, nonostante i limiti, insufficienze, contraddizioni e paradossi inevitabili per un’istituzione che opera in ambiti così complessi. Per questo il Ceis si impegna a costruire solidarietà all’interno, ma anche all’esterno, prendendo sempre la persona per come essa è, per promuoverla e rendere la sua condizione più vivibile, intessuta di benessere, per quanto possibile in fedeltà al principio di fondo: il prendersi cura. Ciò che tu fai è importante, ma non assoluto. Ai ragazzi che incontro dopo anni che hanno concluso il percorso in comunità e che, commossi, mi dicono, “Tu mi hai salvato la vita”, rispondo che è molto bello e fanno piacere le loro parole, ma che è eccessivo: “Tu hai accettato di salvare la tua vita, io sono stato solo un’opportunità””.
Il card. Zuppi
“La mia vita con il Ceis, scrive Giuliano, ma potremmo dire la mia vita con Dio e il prossimo, la mia vita, piena di concreti legami, incontri, lotta, sogni, delusioni, difficoltà e felicità nel restituirla a chi la stava perdendo o non la trovava più”.
Questo l’incipit della prefazione del cardinale Zuppi, nella quale viene portato all’attenzione come padre Stenico e il Ceis abbiano incontrato il mondo giovanile negli anni 80, quando irruppe, anche a Modena, la tragica emergenza della droga.
«In quel periodo – ricorda l’arcivescovo di Bologna - le persone più inquiete e sensibili, ingenue o alla ricerca, si ritrovarono in una condizione di terribile schiavitù: la dipendenza. Il Ceis è stato ‘l’albergo del buon samaritano’, il luogo dove tanti potevano trovare una speranza nel buio… L’aspetto della “paternità” è stato altrettanto fondamentale. La comunità terapeutica che aiuta a spezzare le catene e a liberarsi dalla dipendenza senza creare altre dipendenze, che restituisce padronanza di sé e ti sostiene nel ricostruire le relazioni con gli altri. Ciascuno ritrova sé stesso e gli altri in comunità, e riesce a pensare al domani, a un futuro fuori. Il Ceis aiutava a capire cosa succedeva e cosa stava cambiando nel mondo, promuovendo cultura e modelli interpretativi nei confronti delle famiglie e della società nel suo complesso.
In questo processo è risultato fondamentale il tratto umano di padre Giuliano, che sa unire ascolto e dialogo, fermezza e sensibilità, donando senso di accoglienza e comunità, con passione, intelligenza e la motivazione evangelica di restituire l’altro a sé stesso».
Il vescovo Castellucci
Il libro è arricchito dalla testimonianza di Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola.
“Quello che il Ceis rappresenta è uno spazio di libertà, che si realizza recuperando persone affette da tante dipendenze, perché restituisce la possibilità di scegliere e costruire la propria vita e, quindi, dignità. La fraternità è il cuore che si mette per rendere concrete libertà e uguaglianza. Il Ceis la mette in pratica attivando reti a ogni livello, tra le famiglie, operatori e comunità dei territori in cui opera. Così si attivano nelle persone le risorse e zone buone, in qualsiasi condizione esse si trovino”.
Il sindaco di Modena Massimo Mezzetti
“Padre Giuliano Stenico, con l'impegno di una vita, dimostra in modo autentico cosa significa prendersi cura non solo delle persone in carne e ossa, ma della stessa idea di solidarietà verso le persone più fragili – ha dichiarato il sindaco di Modena Massimo Mezzetti durante la presentazione del libro - Il Ceis in oltre 40 anni ha rappresentato un modello perché ha saputo cogliere i bisogni delle persone di cui si occupava. In una società che ha subito così tante e veloci trasformazioni, capire quello che accade è fondamentale per dare la risposta migliore. Il più grande insegnamento di padre Stenico è che la risposta migliore non è solo materiale, ma è relazione, rapporto tra le persone, umanità”.
L’omaggio di Roberto Benigni
Sempre padre Giuliano Stenico scrive nella sua introduzione:
“Sono molto riconoscente all’amico Roberto Benigni per le frasi che mi ha inviato dopo aver letto il libro, qui riportate. La sua risposta positiva mi ha gratificato davvero tanto.
Ci siamo conosciuti quando, con sincera generosità, mi ha concesso di distribuire durante i suoi spettacoli il fiocchetto rosso, simbolo dell’Hiv, per raccogliere offerte destinate alla ristrutturazione di Casa San Lazzaro. L’intesa tra noi è stata immediata, grazie alla sua spontaneità, autenticità non velata dalla notorietà, empatia libera da pregiudizi e grande sensibilità anche verso le persone vulnerabili. La sua umanità rimane per me un riferimento”.
Le frasi in controcopertina a firma Roberto Benigni
“Padre Giuliano Stenico ha fatto della sua vita un capolavoro, una vita semplice e prodigiosa.”