DA ACCOLTA A VOLONTARIA IN COOPERATIVA

DA ACCOLTA A VOLONTARIA IN COOPERATIVA

“Rifarei questo percorso mille volte” Cristina Celcima che racconta il suo percorso di vita con la cooperativa sociale Paolo Babini.  

martedì 9 luglio 2024

Pubblichiamo di seguito l’intervista alla volontaria della cooperativa sociale Paolo Babini di Forlì, Cristina Celcima (nella foto in gallery), pubblicata sul settimanale “Il Momento” di Forlì nell’edizione del 4 luglio 2024.  

Cristina è cresciuta presso la Casa di Dorothy, iniziativa nata nel 2010 e da poco conclusasi all’interno del Villaggio Mafalda di Forlì, struttura di accoglienza della cooperativa forlivese.  

Casa Dorothy è stata una comunità familiare sorta per dare ospitalità a sei minori tra i 6 e i 10 anni e che ruotava attorno alla presenza stabile di una famiglia residenziale supportata da educatori professionali e famiglie volontarie.  

Nei suoi quattordici anni di attività, Casa di Dorothy ha accolto 25 minori grazie all’aiuto di 7 famiglie volontarie e 2 famiglie residenziali oltre a 12 tirocinanti, svariati servizi civili e oltre 20 volontari. 

 

Da accolta a volontaria: questo è il luminoso percorso di Cristina Celcima, approdata quando era minorenne alla Casa di Dorothy e oggi volontaria residenziale alla Comunità San Michele della cooperativa “Paolo Babini”. All’età di 25 anni, Cristina racconta il viaggio che l’ha portata a vivere la Casa di Dorothy da due prospettive diverse.  

 

Com’è stata la prima esperienza nella comunità familiare? 

 

Sono arrivata alla Casa di Dorothy quando avevo undici anni. All’inizio ero piuttosto timida e chiusa, poi ho iniziato a sentire che quell’ambiente mi faceva stare bene perché non era la classica casa-famiglia, ma si respirava un’atmosfera davvero familiare. Sono cresciuta molto grazie al rapporto con l’operatore Matteo e Monica, che era anche parte della famiglia di appoggio. Mi sono tatuata una casa con sotto scritto “Dorothy”, perché quella è stata davvero la “mia” casa: lì ero tranquilla e sono riuscita a sviluppare rapporti di fiducia. Rifarei questo percorso mille volte.  

 

Cosa è successo al raggiungimento della maggiore età?  

 

Sono uscita dalla Casa di Dorothy, ma ho mantenuto uno stretto legame con la struttura. Alla fine del mio percorso scolastico, nel 2019, ho iniziato il Servizio civile al nido “Tik Tack Kids” della cooperativa. Con l’arrivo del covid e la chiusura del nido, mi sono trovata a completare il Servizio civile proprio alla Casa di Dorothy. All’inizio è stato strano: mi dovevo relazionare con un paio di ragazzi con cui avevo vissuto, che faticavano a vedermi nel nuovo ruolo. Anche con gli operatori abbiamo fatto un grande lavoro perché cambiassero lo sguardo su di me, che non ero più la ragazzina che un tempo viveva lì. Poi tutto si è ricalibrato nel migliore dei modi.  

 

Come è proseguita la collaborazione? 

 

Ho svolto un tirocinio di sei mesi sempre alla Casa di Dorothy. Per me è stata una bella occasione per incontrare i nuovi ragazzi accolti, raccontare la mia esperienza e aiutare gli educatori nella gestione delle attività quotidiane. È stata una bella esperienza e mi sono sentita a mio agio a lavorare a fianco di persone che conoscevo già. Terminato il tirocinio, ho continuato per alcuni mesi a fare volontariato due o tre volte a settimana alla Casa di Dorothy.  

 

Poi è arrivata un’altra scelta importante…  

 

Sì, lo scorso febbraio ho preso la decisione di tornale al Villaggio Mafalda per fare la volontaria residenziale nella Comunità San Michele. Ci vuole molto impegno, perché lavoro come cassiera in un supermercato per 40 ore alla settimana e trascorro buona parte del tempo residuo con i dieci adolescenti (dai 10 ai 15 anni) accolti. Sto bene con loro e sono felice della mia scelta. 

  

Qual è stato - ed è tuttora - il valore aggiunto della sua presenza come volontaria?  

 

Penso di essere un supporto in più per i ragazzi, che generalmente sono più propensi ad aprirsi con i volontari, mentre con gli operatori a volte entrano in conflitto. Oltre a questo, sanno che io ho vissuto la loro stessa esperienza, perciò cercano un conforto. Io mi metto in ascolto, poi provo a far passare il messaggio che gli operatori sono lì per aiutarli. Mi è capitato di inserirmi nelle discussioni e di ricevere ascolto da parte loro. Una delle soddisfazioni più grandi? Quando lavoravo e gli operatori dicevano ai ragazzi: “Prendete esempio da Cristina e dal suo percorso”.  

 

Intervista di Laura Bertozzi estratta da “Il Momento” n.26, 4 luglio 2024, p.9