L’obiettivo è fissato per il 2025: produrre 30 milioni di metri cubi di biometano agricolo all’anno evitando l’emissione in atmosfera di 60 mila tonnellate di CO2 e allo stesso tempo mettere sul mercato circa 500 mila tonnellate annue di fertilizzante rinnovabile o digestato, ossia ciò che rimane lungo il processo di produzione del biometano.
Il Gruppo Granarolo e la Confederazione dei bieticoltori-CGBI annunciano il lancio di “Biometano di filiera”, un progetto in ottica di sostenibilità ed economia circolare che vedrà la realizzazione di 10 nuovi impianti di biometano nell’arco di 3 anni – dislocati in Emilia-Romagna, Lombardia, Friuli e Puglia -, con lo scopo di ottenere energia pulita, ridurre i costi di trasformazione del latte e produrre fertilizzanti.
In un momento di grande difficoltà in cui versa il mondo allevatoriale, con i prezzi alle stelle per energia, mangimistica, altre competenze e la gestione quotidiana delle aziende agricole, il Gruppo Granarolo, la più grande filiera italiana del latte, e CGBI, gruppo al vertice del comparto italiano dell'energia rinnovabile con 23 impianti biogas realizzati e oltre 200 gestiti in service, hanno deciso di unirsi nel segno di una partnership importante che spazia dal nord al sud dell’Italia per dare una risposta e un aiuto concreto al caro energie di cui tutti, imprese e famiglie, siamo vittime.
Così il presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari: “Da tempo abbiamo intrapreso un percorso per il ridurre il nostro impatto sull’ambiente, dove i nostri soci-allevatori sono chiamati a giocare un ruolo rilevante nella transizione sostenibile. Questa partnership con una realtà che negli anni ha maturato una grande competenza, partendo dal mondo agricolo, ci permetterà di dare vita a un’esperienza virtuosa di economia circolare, producendo energia per alimentare il processo produttivo, sia in stalla sia in stabilimento, e al contempo fertilizzante organico in un momento in cui l’attenzione alla sostenibilità diventa una priorità assoluta mentre il concime in commercio ha raggiunto quotazioni pari a +87% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Puntiamo a diventare autosufficienti sul piano energetico, eliminando CO2 dal territorio e ottimizzando la gestione agronomica dei terreni, con un notevole risparmio di costi e una miglior qualità del prodotto”.
Gabriele Lanfredi, presidente della Confederazione dei bieticoltori-CGBI, che rappresenta nel Paese oltre 5.200 aziende agricole e zootecniche, sottolinea: “Il progetto con Granarolo si aggiunge agli altri due già avviati con Coprob - Italia Zuccheri e con Fruttagel per contrastare la crisi energetica ed efficientare la produzione alimentare, sostituendo una quota importante di gas russo con il biometano ottenuto dai nuovi impianti. Le energie rinnovabili sono il presente su cui investire, per raggiungere l’autonomia energetica e risparmiare sulla bolletta di luce e gas dando un valore economico-ambientale ai sottoprodotti agricoli e agroindustriali”.
Nello specifico, in ogni nuovo impianto di biometano Granlatte, la più grande cooperativa d’allevatori d’Italia, che controlla Granarolo, conferirà reflui zootecnici come letami e liquami forniti da alcuni dei propri soci-allevatori nei territori di Lombardia, Friuli e Puglia, mentre Granarolo destinerà scarti della lavorazione del latte come resi da mercato e sottoprodotti (siero e scotta) dai propri stabilimenti di Pasturago di Vernate (MI), Usmate Velate (MB) e Ramuscello (PN).
La Confederazione dei bieticoltori provvederà al recupero di seminativi, colture di secondo raccolto e sottoprodotti agricoli attraverso i propri soci delle cooperative del Nord Italia.
In sintesi, 3 sono i contributi importanti attesi dal processo produttivo dei nuovi impianti:
- un importante abbattimento e riduzione dei costi energetici;
- la produzione di biometano, prodotto in forma gassosa o liquefatta, utilizzabile parzialmente o totalmente dai soggetti della filiera attraverso l’allacciamento alla rete nazionale sostituendo una quota importante dei consumi interni di metano fossile;
- la produzione di digestato, prezioso fertilizzante che darà un aiuto importante al mondo agricolo, costretto al momento, a causa del forte rincaro dei prezzi, ad acquistare concimi a costi enormi (basti pensare all’aumento dell’urea del +120% rispetto al 2021, fonte: https://teseo.clal.it/?section=urea_alessandria#tab_urea_46_granulare), e che sarà distribuito sui terreni delle aziende agricole conferenti in sostituzione ai concimi chimici, con una particolare collocazione e valorizzazione in agricoltura biologica e secondo le migliori pratiche agronomiche e ambientali, attraverso un’attività di ritiro e distribuzione centralizzata.
Per un singolo impianto di dimensioni medie, si stima di produrre 3.000.000 mc di biometano, con un risparmio previsto di CO2 eq di circa 6.000 tons, e 50.000 tonnellate di digestato.
Parte di questi impianti, il cui investimento totale è di 70 milioni di euro, verrà finanziato attraverso il PNRR, mentre la gestione sarà affidata a società agricole consortili costituite dai soggetti promotori, nell’intento comune di realizzare un modello di economia circolare, sostenibile e certificato in grado di generare valore economico e ambientale per tutta la filiera.
(Nella foto in gallery, Calzolari e Gianfreda)