Sviluppare l’ostricoltura nella sacca di Goro individuando processi produttivi innovativi e introducendo modelli di gestione cooperativa. Questa la mission del progetto “Elementi di innovazione ambientale ed economica per lo sviluppo e la promozione dell’ostricoltura regionale”, avviato il 19 novembre 2020 e coordinato dalla prof.ssa Elena Tamburini del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Prevenzione dell’Università di Ferrara.
Finanziato nell’ambito della Priorità 4 Feamp 2014-2020 Ssl Flag Costa dell’Emilia-Romagna-Azione 1.C.b, il progetto è stato svolto in collaborazione con la dott.ssa Monia Castellini e la dott.ssa Marianna Marzano del Dipartimento di Economia e Management di Unife e con il supporto di due importanti cooperative di produttori, Copego di Goro e Cooperativa Sant’Antonio di Gorino (aderente a Confcooperative Ferrara), che produce la ‘Golden Oyster’.
A partecipare alla realizzazione delle attività anche Ergo Consulting srl, spin-off dell’Università di Bologna, Istituto Delta Ecologia Applicata srl di Ferrara e Modus Operandi snc di Alessandria. A sostenere con convinzione il progetto c’è anche Confcooperative FedAgriPesca Emilia Romagna, che in questi anni con il suo vicepresidente delegato alla pesca Vadis Paesanti ha profuso molte energie nel promuovere questa eccellenza della Sacca di Goro.
“Il progetto – afferma la prof.ssa Tamburini – ha come obiettivi finali favorire la competitività e lo sviluppo di mercato e assicurare sostenibilità economica (crescita dell’area, nascita nuove aziende, stabilizzazione politiche di prezzo), ambientale (garanzia di controllo sull’uso delle risorse, basso impatto ambientale) e sociale (miglioramento della qualità di vita lavorativa dei pescatori) all’intero comparto”.
Attraverso questionari e interviste ai produttori, è stato possibile acquisire tutti i dati per effettuare un’analisi approfondita delle potenzialità di sviluppo.
“In particolare è emerso come la produzione completamente locale e l’ottimizzazione dell’uso delle imbarcazioni e del carburante durante le varie fasi di crescita dell’ostrica assicurano un prodotto a bassissimo impatto ambientale in termini di emissioni di CO2 eq., e una produzione complessivamente profittevole dal punto di vista del bilancio economico dell’impresa che ne intraprende la produzione. Inoltre, il maggior valore per tutti gli attori della filiera (fornitori, produttori, clienti, consumatori) viene creato e mantenuto se il sistema scelto è orientato al cooperativismo, mutuando l’esperienza già positiva e consolidata della principale filiera locale, quella della venericoltura. La possibilità di darsi una gestione associativa diviene un vantaggio anche in termini di promozione del prodotto, potendo accedere a canali di marketing che il singolo produttore non riuscirebbe ad approcciare”.
“Le ostriche – conclude Tamburini – sono un prodotto associato al lusso e ad un consumo legato a un’esperienza complessiva di gusto e fascinazione che deriva anche dal territorio di provenienza (immaginario attualmente legato per lo più alla Francia) e servirebbe un intervento mirato e condiviso per diffondere tra i consumatori la percezione del prodotto italiano. In conclusione, il progetto ha permesso, come atteso, di fornire al territorio gli elementi necessari per comprendere le potenzialità di avviare una produzione innovativa, anche in un’ottica vantaggiosa di diversificazione in un contesto di monoeconomia basato sull’allevamento della vongola, e ha fornito gli strumenti per intraprendere una adeguata via di valorizzazione commerciale di un prodotto a basso impatto ambientale come si è dimostrata essere l’ostrica di Goro”.
Nella foto principale, da sinistra Edoardo Turolla (biologo Istituto Delta Ecologia Applicata, e i pescatori Vanni Cazzola e Laurent Sitterlin della cooperativa Sant’Antonio di Gorino, la prima ad avviare gli allevamenti di ostriche nella Sacca di Goro.