“All’inizio eravamo un gruppo informale di insegnanti che lavorava nell’ottica dell’inclusione scolastica sul tema della dislessia. Poi, spronati anche da altri cooperatori sociali, ci siamo resi conto che potevamo fare di più” spiega Paolo Martinelli, presidente della cooperativa bolognese Archilabò. “Inizialmente non avevamo una sede nostra e siamo stati aiutati dal Centro Sociale Giorgio Costa” racconta Martinelli. Le cose poi si sono evolute in fretta: “lavorando insieme alle scuole abbiamo ricevuto richieste di ogni tipo, tantissime. Abbiamo capito che il tema della dislessia si connetteva al tema più ampio delle povertà educative e che dovevamo ricominciare a studiare per dare servizi sempre più efficienti”.
Nel corso di questi primi 10 anni di attività, “le soddisfazioni non sono mancate, così anche i momenti negativi”. Il riferimento è a due eventi in particolare che hanno creato seria difficoltà sul tragitto di Archilabò: “Partiamo dal terremoto del 2012: avevamo appena aperto una sede a Finale Emilia, all’interno della scuola primaria. La botta è stata forte, ma anche grazie ai dirigenti scolastici degli istituti con cui stavamo avviando le collaborazioni, siamo riusciti a farci forza e a ricostruire insieme”. Il secondo evento è l’arrivo della pandemia nel 2020: “Abbiamo temuto il peggio, invece siamo riusciti a superare anche questa sfida, grazie allo sforzo straordinario dei nostri soci e dei nostri dipendenti, che hanno saputo trovare vie nuove e nuove collaborazioni”.
Guardando avanti, nel futuro di Archilabò ci sono progetti ambiziosi: “Abbiamo appena firmato quello che forse è il contratto più importante della nostra storia. Abbiamo vinto un bando di gara per allestire un laboratorio STEM all’interno di una scuola di un quartiere difficile di Cagliari” racconta Martinelli. Non è la prima volta che la cooperativa si affaccia al di fuori dal territorio emiliano-romagnolo (in particolare da alcuni anni siamo attivi con quasi tutti i nostri servizi a Torino), ma l’importanza del progetto può significare un punto di svolta: “oggi i numeri e le competenze maturate ci permettono di guardare anche oltre la regione. Bologna rimane sempre la nostra casa, per noi è ora di uscire di casa per scoprire altre opportunità” conclude.