“La nuova disposizione approvata dalla Direzione Pesca del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali ci preoccupa profondamente: il raddoppio delle giornate di fermo tecnico per la pesca a strascico, che si aggiunge a quello biologico, rappresenta un incomprensibile accanimento contro il settore da parte della politica”.
Così Vadis Paesanti, vicepresidente di Confcooperative FedAgriPesca Emilia Romagna, interviene a seguito del provvedimento ministeriale che porta da 15 a 30 le giornate di fermo pesca per le barche inferiori ai 24 metri, e da 20 a 40 giorni per quelle superiori.
“Chi prende queste decisioni – continua Paesanti in rappresentanza delle cooperative di pescatori - non ha tenuto conto degli effetti che questa disposizione avrà sul comparto: tra fermo biologico, fermo tecnico, restrizioni imposte dal Covid e imprevedibilità data dalle giornate di condizioni meteo avverse, oggi è da considerarsi un risultato positivo riuscire a prendere il mare per 140-150 giorni all’anno. Sono troppe le giornate prive di reddito per un pescatore e in questo modo si infligge un colpo fatale al mondo della pesca: centinaia di famiglie finiranno con il perdere la propria fonte di sostentamento e chi ha acceso mutui o finanziamenti per i pescherecci come potrà onorare i propri debiti?”.
Dal canto suo, anche la Regione Emilia-Romagna ha voluto fare sentire la sua voce in difesa dei pescatori della Riviera ferrarese e romagnola. L’assessore regionale Alessio Mammi all’Agricoltura e Pesca è infatti intervenuto facendosi portavoce dell’intera filiera della pesca regionale e chiedendo una revisione di questo provvedimento.
“Siamo al fianco dei pescatori – ha detto Mammi - affinché sia rivista al più presto una misura che, peraltro, ci risulta non sia stata nemmeno condivisa al Tavolo di consultazione permanente per la pesca e l’acquacoltura, istituito deputato alla formale consultazione delle rappresentanze di settore”. La Regione, ha precisato Mammi, è favorevole alla pesca sostenibile e contraria al prelievo incontrollato degli stock di pesce; tuttavia, ha aggiunto, “l’impressione è che, con i nuovi provvedimenti, a rischio estinzione ora sia soprattutto il mestiere di pescatore, spesso un piccolo artigiano del mare che vive dei ricavi del proprio pescato, contribuisce a tenere pulito il mare e porta sulle nostre tavole pesce fresco e di qualità. Questa è senza dubbio una decisione che penalizza ancora di più uno di quei comparti che forniscono la ristorazione e l’intero sistema dell’Horeca, già in ginocchio a causa delle chiusure determinate dalla pandemia mondiale”.
“Ringrazio l’assessore Mammi per la netta presa di posizione – aggiunge il vicepresidente di Confcooperative FedAgriPesca Emilia Romagna, Vadis Paesanti - la nostra proposta è che le Regioni, tutte insieme, attraverso la Conferenza Stato-Regioni, si oppongano a questa norma ingiusta. Auspichiamo che si possa cambiare strada e che le decisioni relative alla pesca vengano prese di concerto con la Conferenza a fronte di un confronto e di un accordo con le imprese del settore che tenga conto delle reali situazioni nei diversi tratti di mare o GSA”.
“Andando avanti così – conclude Paesanti - la pesca italiana non potrà che morire. Il rischio è che nel prossimo futuro il consumatore possa trovare solo prodotti d’importazione da Paesi con meno restrizioni come quelli asiatici o sudamericani, giunti in Italia con un impatto ambientale molto maggiore”.