Pubblichiamo di seguito l’intervista integrale rilasciata dal presidente di Confcooperative FedAgriPesca Emilia Romagna, Carlo Piccinini, a il Resto del Carlino e pubblicata sullo speciale Agro Economy uscito sabato 28 novembre 2020 abbinato al quotidiano.
“Le cooperative agroalimentari stanno svolgendo un grande servizio per il Paese. Nonostante tutte le difficoltà, tra reperimento dei dispositivi di protezione, interventi di sanificazione, carenza di personale e riorganizzazione dei turni per i distanziamenti, continuano infatti a produrre cibo e alimenti di qualità e origine italiana per garantire l’approvvigionamento alle insegne della distribuzione, così da consentire ai cittadini di fare la spesa anche nei momenti più difficili. Lo hanno fatto durante il lockdown quando tutti eravamo a casa, continuano a farlo anche in questa seconda ondata della pandemia, seppure lontano dai riflettori”.
Prima di affrontare i temi caldi del sistema agricolo regionale, Carlo Piccinini ci tiene a fare questa premessa. Quarantasette anni, vicepresidente della Cantina di Carpi e Sorbara, Piccinini è il presidente di Confcooperative FedAgriPesca Emilia Romagna, federazione regionale che riunisce 415 cooperative agricole, agroalimentari e della pesca con oltre 53.000 soci, 19.500 addetti e un volume d’affari che supera i 9 miliardi di euro.
Insomma Piccinini, siete un pilastro dell’agricoltura emiliano-romagnola.
“Di sicuro siamo una componente importante. Oltre la metà della produzione agricola regionale viene conferita dalle aziende agricole alle strutture cooperative, quota che diventa ancora più elevata in alcuni comparti come vino (oltre 80%), Parmigiano Reggiano (70%), ortofrutta (70%) e comparto avicolo (oltre il 90%), solo per citarne alcuni”.
Parliamo di Politica agricola comune (Pac). È stato sventato a Bruxelles l’attacco alle Regioni che anche voi avevate denunciato? C’è ancora il rischio che la Pac venga nazionalizzata penalizzando così le Regioni virtuose nella gestione dei fondi europei come l’Emilia-Romagna?
“Il Parlamento europeo ha votato un emendamento che fa chiarezza su questo punto e allontana il pericolo della nazionalizzazione, ma l’iter legislativo è ancora lungo. È ormai certo che il biennio 2021-22 della Pac verrà gestito in fase di transizione, cioè con le nuove risorse finanziarie ma con le regole già utilizzate nel vecchio Piano di sviluppo rurale (Psr) regionale”.
Quali priorità per voi in questo biennio di transizione della Pac?
“Sin dai bandi della prossima primavera, bisogna dare precedenza e priorità agli investimenti in un’ottica di filiera: quando sarà finalmente finita la pandemia e avremo a disposizione il vaccino anti-Covid, serviranno investimenti per fare ripartire l’agroalimentare. Gli ultimi bandi per investimenti della vecchia programmazione del Psr sono un ricordo lontano, abbiamo grande bisogno di investimenti con dotazioni finanziarie adeguate”.
L’emergenza Coronavirus ha risparmiato il settore agroalimentare?
“Nient’affatto. Il crollo dell’Horeca ha messo in crisi tante aziende di produzione alimentare, magari molto esposte su quel canale commerciale. Le stesse grandi cooperative agroalimentare che sviluppavano importanti volumi d’affari con bar, ristoranti e mense si trovano a gestire una situazione difficile. L’Ismea ha stimato per il 2020 un crollo del 48% dei consumi alimentari fuori-casa, pari a 41 miliardi di euro persi, solo in parte compensati dall’aumento degli acquisti per la spesa domestica (+7% pari a 11,5 miliardi di euro)”.
L’agricoltura emiliano-romagnola, con la frutticoltura in primis, deve anche affrontare i problemi posti dalle calamità climatiche e fitosanitarie. Qual è la situazione attuale?
“Di grande difficoltà. Dopo gli oltre 350 milioni di euro di danni causati nel Nord Italia dalla cimice asiatica nell’estate 2019 (la maggior parte dei quali in Emilia-Romagna per la produzione di pere), quest’anno abbiamo dovuto fare i conti con la maculatura bruna. Ai produttori servono ristori adeguati; ben vengano i 63 milioni in tre anni per l’Emilia-Romagna contro i danni della cimice, ma ora occorre farli arrivare subito per la prima annualità con la consapevolezza però che non sono sufficienti”.
Com’è la situazione del Parmigiano Reggiano?
“Nonostante la pandemia e la crisi dei consumi fuori-casa, le vendite di Parmigiano Reggiano stanno tenendo sia in Italia che all’estero; questo fatto deve farci riflettere. Forse dietro questi dati si nascondono alcune prassi che andrebbero quanto meno ostacolate. Mi riferisco alla mancanza di trasparenza sulla vera tipologia di formaggio grana che viene servita nei vari esercizi commerciali del canale Horeca. Come spiegare altrimenti il fatto che il crollo delle vendite in questo canale non si sia visto sugli ordini del Parmigiano Reggiano?”.
Anche il comparto vitivinicolo sta soffrendo?
“Per i vini la situazione è più complessa essendo uno dei prodotti che più risente dei fatturati dei ristoranti. In un contesto difficile come questo, i vini emiliano-romagnoli si difendono meglio degli altri, a testimonianza di un rapporto prezzo/qualità senza eguali”.
Marco Principini