Un’emergenza immediata, da risolvere subito, e un intervento da programmare per il futuro prossimo che non può più essere procrastinato. Sono le due priorità imprescindibili che, seppure con tempistiche differenti, il sistema delle Case residenza per anziani (Cra) dell’Emilia-Romagna deve affrontare con la massima priorità.
Ne è convinta Roberta Lasagna, vicepresidente di Confcooperative Federsolidarietà Emilia Romagna con delega ai servizi e alle politiche socio-assistenziali, la federazione che riunisce 470 cooperative sociali con 25.000 addetti. “Le nostre strutture non hanno abbastanza infermieri e operatori socio-sanitari, dobbiamo attrezzarci fin da ora per reclutare queste professionalità e crearne di nuove – dice Lasagna -. Insieme a questo, va messo in piedi un grande piano di investimenti pubblici e privati per riqualificare gli edifici che ospitano le Case residenza per anziani, così da renderle adeguate alle nuove esigenze imposte dal Covid”.
Quali sono i principali problemi che vi trovate ad affrontare in questo momento per quanto riguarda l’emergenza Covid?
“Uno dei principali problemi è la carenza di infermieri e operatori socio-sanitari. Non ce ne sono abbastanza e non se ne trovano, ne servirebbero molti di più, soprattutto per garantire i cambi turno e la continuità del servizio quando si verificano casi di positività e occorre mettere interi reparti in quarantena e isolamento. È davvero difficilissimo reperire questo personale. Ma se questo è un problema da risolvere nell’immediato, ce n’è un altro che non può essere risolto subito ma è ugualmente urgente…”
E quale sarebbe?
“La maggior parte delle residenze per anziani presenti in regione sorgono in edifici che non sempre rendono possibile un adeguamento rispetto alle attuali necessità. Creare reparti Covid completamente isolati, con propri ingressi e nessuna comunicazione con le altre aree, non sempre è possibile. È la conformazione stessa degli edifici in molti casi a non permetterlo. Per questo, mentre lottiamo quotidianamente per sconfiggere il virus, occorre pensare anche a come affrontarlo domani, mettendo in piedi un programma di investimenti pubblici e privati per ammodernare e riqualificare strutture in molti casi vecchie e rigide. La cooperazione sociale ha già iniziato a muoversi in questo senso; per portare un esempio, a Modena una nostra cooperativa ha investito diversi milioni di euro e avviato il cantiere di una nuova CRA che, tra le prime in Italia, prevede la presenza di un reparto anti-Covid. Ma da soli non possiamo sostenere questo sforzo”.
Che cosa chiedete?
“Serve una finanza in grado di sostenere investimenti di questo tipo, agevolazioni e incentivi. La nostra popolazione è destinata a invecchiare, l’emergenza Covid ha messo a nudo tante fragilità del sistema di accoglienza degli anziani, va ripensato il modello per non soccombere oggi ed essere ancora più pronti domani. La cooperazione sociale ha una grande esperienza in questo campo, è arrivato il momento che le Istituzioni accettino di renderci protagonisti nella programmazione dei servizi di welfare, non possiamo più esseri meri fornitori o esecutori”.
Come stanno vivendo questa nuova ondata le vostre cooperative?
“Con grande tensione e grande timore, dettati innanzitutto dal rischio di divenire nuovamente il capro espiatorio di tutte le inefficienze del sistema di tutela degli anziani. Il contagio continua a diffondersi per le abitudini sociali delle persone che ancora non rispettano pienamente le regole. Paradossalmente, siamo stati accusati di eccessiva rigidità dal momento che molte CRA hanno impedito sin dall’inizio della seconda ondata le visite dei parenti, pur sapendo l’enorme dolore che questa difficilissima scelta crea negli ospiti e nei familiari”.