“Non possiamo ridurre la mobilità delle persone e quindi le occasioni di assembramento e potenziale contagio, se non ci attrezziamo sin da subito per riportare i servizi essenziali il più vicino possibile ai cittadini. Serve un cambio di rotta che abbandoni quelle politiche di accentramento nei grandi centri urbani che troppo spesso hanno penalizzato le periferie e le aree interne, costringendo le persone ad abbandonarle”.
Così Francesco Milza, presidente di Confcooperative Emilia Romagna, interviene a seguito della pubblicazione dell’ultimo DPCM e del conseguente dibattito innescatosi.
“Il Covid-19 ci impone di abbandonare la politica di allontanamento dei servizi dai piccoli centri che in molti casi ha favorito lo spopolamento di intere aree e l’aumento delle disuguaglianze sociali – dichiara Milza -. Occorre investire nella medicina territoriale e nell’assistenza domiciliare, in un efficace e capillare sistema di trasporti che non isoli i territori ma li renda raggiungibili coinvolgendo anche le imprese private (come sta già avvenendo in Emilia-Romagna), in un welfare diffuso che non lasci indietro nessuno e non crei cittadini di serie B privi di assistenza, nelle infrastrutture digitali che garantiscano a tutti l’ormai imprescindibile diritto alla connessione per accedere ai servizi (come nel caso della didattica a distanza per gli studenti). La cooperazione è pronta a fare la sua parte fornendo in maniera responsabile il proprio contributo, per questo auspichiamo di trovare ascolto nelle Istituzioni a tutti i livelli”.
“Alla luce di questa seconda ondata – aggiunge il presidente di Confcooperative Emilia Romagna -, il Coronavirus non rappresenta più un’emergenza sanitaria contingente. È evidente che ci troviamo davanti ad un elemento strutturale della nostra società odierna, almeno finché non sarà disponibile un vaccino. Davanti a questa ‘nuova normalità’ e alla luce degli ultimi provvedimenti presi, Governo e Regioni sono chiamati a programmare nuove politiche che rendano accessibili i servizi a tutti i cittadini, riducendo le diseguaglianze sociali ed economiche tra territori. Ma lo Stato, pur in tutte le sue articolazioni, non può pensare di farcela da solo: serve un nuovo patto tra pubblico e privato, che superi la politica dei sussidi e dei ristori e valorizzi il ruolo delle imprese nella co-progettazione dei servizi e nella promozione dell’autoimprenditorialità dei cittadini”.
Per quanto riguarda l’ultimo DPCM, Milza chiede che le erogazioni dei ristori e degli ammortizzatori sociali siano “rapide, sicure e facili da ottenere per tutte quelle imprese colpite dalle chiusure imposte”. Anche la cooperazione, sottolinea il presidente di Confcooperative Emilia Romagna, viene pesantemente colpita da questi provvedimenti ritenuti necessari per limitare i contagi. “Voglio ricordare che tra i pubblici esercizi penalizzati dalle chiusure serali – spiega Milza – ci sono anche numerosi ristoranti gestiti da cooperative sociali nei quali lavorano anche persone disabili, così come non va dimenticata la cooperazione agroalimentare impegnata nella fornitura di prodotti ai settori horeca e foodservice e che oggi deve fare i conti con un drastico ridimensionamento degli ordinativi. Nel teatro, nella cultura e negli spettacoli ci sono cooperative in regione che rappresentano un vero e proprio fiore all’occhiello di questo settore e non possiamo certo permetterci di perderle”. Discorso analogo per l’ambito sportivo, continua Milza, “dove la forma di impresa cooperativa in Emilia-Romagna si è rivelata in alcuni casi un ottimo strumento di valorizzazione delle competenze sia nella gestione di impianti che di società sportive”. “Non va infine dimenticato – conclude il presidente di Confcooperative Emilia Romagna – il comparto della ristorazione collettiva come le mense aziendali, fortemente penalizzate dagli incentivi allo smart-working, le cui imprese si trovano ancora escluse da forme di sostegno e indennizzo”.