Poca ma buona. La vendemmia emiliano-romagnola nel 2023 non tradirà le attese per quanto concerne la qualità. Sulla quantità, invece, ci sarà da soffrire, almeno in alcune zone a partire da quella romagnola. La stima emerge dalle parole di alcuni presidenti delle cantine sociali e cooperative aderenti a Confcooperative in Emilia-Romagna.
“Quest’anno siamo fiduciosi - esordisce Giampaolo Fornasari, presidente della Cantina Valtidone nel piacentino -. Contiamo di raccogliere 70mila quintali di uve contro i 60mila del 2022. La grandine ha fatto diversi danni in Val Trebbia, meno in Valtidone. Cominceremo a ritirare le uve per lo spumante nelle prossime settimane ma in generale siamo tranquilli, sia per quantità che per qualità. Ciò che più conta è creare economia per le 1.000 persone che lavorano intorno alle nostre cantine. Siamo risaliti con buone quotazioni tra i 60 e i 65 euro al quintale, le migliori dell’intero territorio piacentino e dell’Oltrepò”.
Interessante la riflessione di Davide Frascari, presidente di Emilia Wine, cooperativa vinicola di Scandiano (Reggio Emilia) nata dall'unione delle cantine di Arceto, Correggio e Prato di Correggio, Casali Viticultori. “In Emilia Romagna si prevede un’annata scarsa ma non disastrosa come in Abruzzo o in Puglia, dove le abbondanti piogge hanno portato malattie come la peronospora devastando le vigne – sottolinea Frascari, che è anche presidente dell’Enoteca Regionale dell’Emilia-Romagna -. La qualità, poi, si preannuncia ottima. L’Emilia-Romagna, terza in Italia per volumi prodotti nel settore vitivinicolo, nel 2022 si è confermata la seconda per valore. E la crescita del valore è fondamentale. Soprattutto in un momento in cui il mercato stenta. La nota positiva è che il calo dei volumi comporterà una diminuzione dell’offerta e di conseguenza i prezzi saliranno: non a caso le prime quotazioni in Puglia sono superiori del 60% rispetto al 2022. La nota dolente resta la manodopera: quest’anno abbiamo rischiato di non trovare abbastanza personale qualificato per lavorare in cantina”.
Problema che non ha avuto la Cantina Carpi e Sorbara presieduta da Alessandro Mastrotto, i cui vigneti insistono quasi interamente su territori che permettono la raccolta meccanizzata. “Fortunatamente è stata un’annata da uva - afferma il direttore Daniele Artioli -. L’alternanza poggia/secco ha fatto bene alle piante sopperendo ai problemi fitosanitari legati alla flavascenza dorata che ci hanno colpito nelle zone di Sorbara e Nonantola. Per quantità dovremmo essere in linea con il 2022, con 370mila quintali di uva”.
Non fa drammi nemmeno Aristide Castellari, presidente di Agrintesa con sede a Faenza, uno dei territori più colpiti dall’alluvione di maggio. “Abbiamo previsto un calo del 15% rispetto alla nostra media annuale, dovuto in parte alle gelate di primavera e in parte all’alluvione che ci ha impedito di effettuare i trattamenti primaverili favorendo il proliferare delle fitopatie - spiega -. Per fortuna la vite ha resistito meglio di tante altre coltivazioni di fronte all’alluvione. Se tutto andrà bene contiamo di produrre circa un milione e mezzo di quintali di uva. E di buona qualità”. Prospettive simili per la Cantina Forlì-Predappio presieduta da Stefano Lazzarini. “Sul nostro territorio, che è stato colpito parzialmente dall’alluvione, prevediamo una perdita del 10% rispetto al 2022 - afferma -. Ma può ancora succedere di tutto: se facesse una buona pioggia prima della raccolta del Sangiovese le stime potrebbero migliorare. L’uva in ogni caso è molto sana, sia in collina che in pianura. Magari produrremo un po’ meno ma il vino di quest’anno sarà ottimo”.
Nonostante alcune previsioni davvero nefaste a livello nazionale e forse un po’ troppo affrettate, l’Emilia Romagna potrebbe dunque reggere il colpo. Ma questo non deve trarre in inganno. Come sottolinea Raffaele Drei, presidente di Confcooperative Fedagripesca Emilia Romagna (nella foto in gallery). “Se anche dovessimo raccogliere di più rispetto all’anno scorso va ricordato che quella del 2022 fu una campagna scarsa: l’Emilia Romagna produrrà in ogni caso il 20% in meno del proprio potenziale - spiega Drei -. L’intero settore vitivinicolo ha bisogno di un intervento da parte del Governo. La viticoltura collinare è afflitta da gravi problemi, in particolare perché colpita dalla siccità e dalla flavescenza dorata; l’inflazione non si arresta, generando difficoltà nei consumi, e si continua a chiedere di non procedere all’aumento dei prezzi, dimenticandosi che i costi di produzione stanno continuando ad esplodere (vetro e mezzi tecnici su tutti, ndr), mettendo in difficoltà la fascia più debole della filiera, ossia le aziende agricole; il nuovo fondo Agricat, che già poggia su tabelle da rivedere, va dotato delle giuste risorse e attivato entro la fine dell’anno. E la Romagna, lo ribadiamo, va riconosciuta come ‘area svantaggiata’ per beneficiare di agevolazioni dal punto di vista contributivo. La normativa esiste dai primi anni 2000, i parametri su cui si basa ad oggi non si addicono alla situazione romagnola ma pensiamo che possano essere riformulati”.
A cura dell'ufficio stampa e comunicazione di Confcooperative Emilia Romagna
Nella foto principale, un momento della vendemmia in un'azienda agricola socia conferente della Cantina di Puianello.