“Migliaia di famiglie nei territori della Sacca di Goro e della riviera di Comacchio vivono grazie alla raccolta di novellame, cozze e vongole. Stiamo assistendo a un disastro sociale, oltre che ambientale. Servono immediatamente strumenti per l’accesso al credito per le realtà colpite dal granchio blu”. Vadis Paesanti, vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca Emilia Romagna (nella foto in gallery), non usa mezze misure. Il decreto ministeriale che ha autorizzato la pesca di questa specie aliena per autotutela è stato un primo, piccolo passo. La Regione Emilia-Romagna ha agito prontamente ma l’allarme resta rosso. Perché nel frattempo il granchio blu ha già fatto moltissimi danni, pescarlo è un conto e smaltirlo un altro ancora, considerato che presenta costi di smaltimento tutti a carico dei pescatori.
Quella che sembrava una vittoria ha infatti assunto le fattezze della beffa. Il problema riguarda anche lo smaltimento di questa specie alloctona che in Italia non ha antagonisti naturali, giunta nel Mar Adriatico nel lontano 2008 e oggi molto popolosa e aggressiva, che sta decimando le produzioni di vongole, cozze e ostriche. Disfarsene, in qualità di rifiuto, costa 20 centesimi al chilo. Un salasso per tutti i pescatori, che si vedono “attaccati” su più fronti: dentro e fuori dall’acqua. Se non è un disastro, poco ci manca.
Per questo motivo Paesanti invoca un ulteriore intervento del Governo, volto a dare un contributo concreto in termini economici alle imprese colpite da questa calamità naturale. Ma non solo. “Dobbiamo introdurre un meccanismo di autodifesa che permetta all’acquacoltore di proteggere le proprie produzioni così come fanno gli agricoltori con i cinghiali”, sottolinea il responsabile pesca regionale di Confcooperative. Del resto che l’emergenza sia grave e vada affrontata al più presto è ormai chiaro a tutti. La Regione, in qualità di capofila, nei mesi scorsi ha presentato uno studio sul granchio blu attraverso il progetto BlueFood per il cofinanziamento sul Programma europeo Interreg Euro-Med. E al vaglio ci sono varie possibilità per affrontare la minaccia rappresentata dal crostaceo.
La prima è riconoscerlo come specie di interesse commerciale per portarlo sulle tavole dei ristoranti italiani, creando di fatto una filiera del granchio blu che vada dalla pesca alla trasformazione fino al consumo. La seconda è proprio la soluzione invocata da Paesanti, ossia mutuare per gli acquacoltori titolari di concessione demaniale marittima - riconosciuti come imprenditori agricoli - un sistema di indennizzi che consenta l’autodifesa dalle specie dannose e invasive. In ogni caso urge una soluzione. E bisogna trovarla in fretta. Forse è tempo che il Ministero dia vita al tavolo tecnico con le associazioni che rappresentano la pesca, come suggerito dall’assessore regionale Alessio Mammi.
A cura dell’ufficio stampa e comunicazione di Confcooperative Emilia Romagna