“Non ha senso tenere chiusi i servizi per l’infanzia quando è possibile gestirli in sicurezza dando sollievo alle famiglie, offrendo possibilità di relazione e di apprendimento ai bimbi e alle bimbe, utilizzando risorse già presenti nei bilanci comunali e potendo anche disporre del bonus famiglie previsto dalla manovra economica”. Lo sostengono Massimo Mota, Giovanni Monti e Francesco Milza rispettivamente presidente e co-presidenti di Alleanza delle Cooperative dell’Emilia-Romagna.
“Per mettere in atto questo piano – sottolineano – occorrono linee guida chiare che consentano di aprire i “servizi 0-6” e centri estivi per 6-10 anni dal 25 maggio fino all’1 settembre. Le condizioni ci sono tutte: esistono esperienze già consolidate sia per quanto riguarda le strutture, nidi e campi estivi, sia per quanto riguarda servizi a domicilio. Esistono le esperienze dei gestori dei centri estivi in particolare parrocchie e polisportive. Esistono spazi e professionalità”.
Negli ultimi 30 anni si è assistito a un ampio e qualificato sviluppo dei servizi alla prima infanzia, in particolare nella gestione dei nidi rivolti a bambine e bambini di età compresa fra i 0 e i 3 anni. Attualmente oltre la metà dei bambini che frequentano un servizio 0-3 in Emilia-Romagna lo fa in nidi gestiti da cooperative sociali (15.856). 15.000 bambini frequentano le scuole dell’infanzia 3-6 anni, quasi 10.000 bambini e ragazzi sono accompagnati nel percorso scolastico da educatori professionali forniti da cooperative sociali.
Vanno definite con urgenza linee guida validate, oltre che dalle autorità sanitarie, da formatori e pedagoghi che, assieme, dovrebbero indicare le modalità di accoglienza-ritiro dei bambini anche con sistemi di “triage”: definizione dei rapporti numerici adulti-bambini; indirizzi per lo svolgimento delle attività; possibilità di turnazioni; formazione degli educatori su Covid; sorveglianza continuativa attraverso tamponi ed esami sierologici periodici; modalità di sanificazione degli ambienti; inserimento di bambini e bambine con disabilità.
Il contesto rende anche necessario stabilire un patto tra famiglie e gestori, nella consapevolezza che il Covid 19 non ha esaurito la propria diffusione ed è dunque possibile che, nonostante la scrupolosa attenzione, possano verificarsi casi di contagio.
“È comprensibile che gruppi di famiglie possano scegliere di affidare i figli e le figlie a baby-sitter coprendo in parte i costi con i contributi governativi – concludono Mota, Monti e Milza –. Nel rispetto di queste scelte e di chi offre quel servizio, va rilevato che i servizi educativi offerti dalla cooperazione sociale hanno valore pedagogico e relazionale elevato e rispondono al bisogno delle famiglie di offrire ai figli un percorso di crescita attraverso una proposta dal valore riconosciuto e certificato”.
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