“Il nostro unico obiettivo è stato quello di tutelare le aree viticole tradizionalmente e strutturalmente vocate alla produzione di vini comuni in cui si producono legittimamente quantitativi di uva superiori a 30 tonnellate/ettaro. Il percorso è stato davvero lungo e difficoltoso, ma il risultato finale ci lascia soddisfatti e l'impostazione della norma rappresenta un giusto punto di equilibrio tra le necessità della norma e le istanze dei diversi territori viticoli”.
Con queste parole il presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentari Giorgio Mercuri commenta il parere positivo reso dalla Conferenza Stato Regioni allo schema di decreto ministeriale recante una deroga alla resa massima di uva ad ettaro nelle unità vitate iscritte a schedario, diverse da quelle rivendicate per produrre vini a DOP e a IGP. Il DL Rilancio, convertito con legge 17 luglio 2020, n. 77, a fronte di una resa massima attualmente pari a 50 t/ettaro, aveva ridotto la soglia a 30 t/ettaro, specificando tuttavia la possibilità di una deroga, per taluni territori viticoli, fino a 40 t/ettaro.
“L’Alleanza delle Cooperative fin dall’inizio - prosegue Mercuri - si è spesa con convinzione per arrivare a questo risultato per rimodulare alcune impostazioni proposte nel corso di questi mesi, talvolta strumentalizzate perché poste in relazione, in maniera impropria, alle necessità di tutela del segmento Dop e Igp. Una riduzione indiscriminata delle rese e della produttività avrebbe compromesso ingiustamente molte realtà produttive e migliaia di viticoltori che affidano il loro reddito alla produzione di vini comuni che, è opportuno ricordarlo, si collocano in un mercato assolutamente differente rispetto ai vini territoriali Dop e Igp. Ringrazio il Ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli e gli assessori regionali per il lavoro svolto e per aver trovato un adeguato punto di convergenza a beneficio degli operatori del settore”.
Secondo l’attuale impostazione, le Regioni avranno tempo fino al 31 gennaio 2022 per chiedere l’integrazione dell’allegato al decreto ministeriale con i Comuni in deroga – che potranno cioè produrre fino a 40 t/ettaro - sulla base di criteri definiti nello stesso articolato, oppure potranno eliminarne altri, in base ai propri indirizzi di politica vitivinicola.
“Le Regioni e le Province autonome sono indubbiamente il riferimento amministrativo più vicino ai territori, dunque, i migliori conoscitori degli stessi. È per questo - conclude Mercuri - che riteniamo assolutamente corretto lasciare alle amministrazioni regionali un margine di discrezionalità, necessario per indirizzare in maniera più adeguata le scelte territoriali di politica vitivinicola, una politica che ovviamente non può accomunare tutte le realtà viticole, ciascuna con le proprie caratteristiche e tradizioni”.