Aumento del livello di aggregazione commerciale, valorizzazione qualitativa dell’offerta, promozione sul mercato interno e consolidamento dell’export. Questa è la strada tracciata per la pericoltura dell’Emilia Romagna, la produzione ortofrutticola di punta della regione, che negli ultimi anni ha conosciuto però una crisi senza precedenti, tra gelate, siccità, nuove malattie e cali produttivi. Ora una nuova spinta alla crescita del comparto viene dalle attività messe in campo dalla AOP Unapera, la realtà organizzativa nata lo scorso anno e presieduta da Adriano Aldovrandi. È a lui che chiediamo qual è lo stato di salute del comparto e se è ottimista sul futuro della coltura.
Qual è oggi la situazione dal punto di vista della concentrazione del prodotto?
“La nostra Aop è stata costituita a luglio del 2021 tra 25 organizzazioni agricole, 13 Op e 12 non OP, tutte emiliano romagnole, sulla base dei dettami del Regolamento Omnibus. Nonostante anche quella conclusa a primavera sia stata una campagna difficile e povera di prodotto per via di fattori climatici, la nostra compagine sta affrontando questa seconda annualità consolidando una base sociale sempre più coesa. È inoltre aumentato il livello di integrazione: se l’anno scorso avevamo iniziato con l’uniformare i controlli di qualità, oggi invece siamo giunti all’adozione di un sistema di qualità commerciale comune, che pone standard di qualità più elevati di quelli previsti dalla normativa europea e che è stato adottato da tutti i soci. Ogni settimana il comitato commerciale sviluppa la strategia commerciale sul prodotto con listini di riferimento che valgono sia a livello nazionale che internazionale”.
Quindi l’aggregazione sta funzionando?
“Direi proprio di sì, visto che non abbiamo avuto defezioni fra i 25 socie e, anzi, abbiamo condiviso uno standard commerciale unico per le circa 100.000 tonnellate di prodotto destinate al mercato del fresco per quest’anno, raggiungendo così i primi obiettivi che ci eravamo posti. In questi due anni abbiamo pensato a fare pochi proclami, dando priorità ai fatti”.
Quali sono i prossimi passi per valorizzare ulteriormente la produzione?
“Tra qualche settimana lanceremo una campagna di comunicazione istituzionale sulla Pera dell’Emilia Romagna Igp tutta incentrata sulle caratteristiche di questo straordinario prodotto. Un’iniziativa fortemente voluta dalla Regione, per la quale è previsto un investimento complessivo in comunicazione di 1,7 milioni di euro per quest’anno. La comunicazione è a nostro avviso fondamentale per far accrescere nei consumatori la percezione della qualità dell’Igp”.
Avete deciso quindi di puntate prevalentemente sulle pere Igp?
“Sì, assolutamente. Malgrado tutte le difficoltà del sistema - dalle annate siccitose alle patologie difficili da contenere per mancanza dei presidi fitosanitari - oggi le superfici dedicate alle pere IGP sono in costante crescita, così come stanno aumentando gli agricoltori che si convertono all’Igp. E questo era il secondo grande obiettivo dell’Aop: valorizzare l’offerta, elevare le caratteristiche qualitative del prodotto puntando sull’Igp come marchio ombrello per la produzione regionale, che rappresenta il 70% di quella nazionale. Vogliamo aumentare l’offerta di prodotto a marchio e portarla in maniera capillare a tutti i consumatori. Uno dei fattori più strategici dell’Igp è la presenza di un capitolato stringente con norme di qualità che esaltano la tipicità del prodotto e il fatto che goda di tutte le forme di tutela previste dall’Ue per le produzioni Igp”.
Pensate anche ad un rafforzamento dell’export?
“Due sono i mercati di riferimenti per le pere dell’Emilia Romagna: la Francia e la Germania. Ed entrambi hanno ancora interessanti margini di crescita. I tedeschi perché hanno storicamente un buon rapporto con la nostra regione, considerata patria della buona cucina; i francesi perché sono particolarmente attenti al terrroir. Tuttavia, al momento vogliamo concentrarci sul mercato italiano, con questo primo investimento, per poi partire dal prossimo anno a crescere ulteriormente sui due mercati”.
Quindi nonostante le ultime annate difficili, secondo lei la pericoltura dell’Emilia Romagna ha ancora un futuro?
“Assolutamente si! Il nostro progetto è strutturato in diverse fasi, dopo l’organizzazione della parte commerciale e quella della comunicazione, andremo a sviluppare un potente piano di evoluzione dell’assetto agricolo che darà più linfa e forza al progetto. Noi puntiamo a far sì che i produttori possano ricavare un reddito stabile dalla loro produzione di qualità. Solo così potranno scegliere di continuare a investire convintamente in questo prodotto”.
Non può non essere preoccupato per la minaccia che incombe sulle pere e su tutta l’ortofrutta italiana dal Regolamento sui fitofarmaci…
“Certo, siamo molto preoccupati. Noi comprendiamo le ragioni dei consumatori e non siamo certo contrari agli obiettivi che si è posta l’Europa. Ma tali obiettivi devono essere messi a terra attraverso interventi praticabili, che abbiano fondamento scientifico e prevedano tempi ragionevoli. La pericoltura, che viene da stagioni difficili e ha avuto cali importanti delle rese produttive, sarà uno dei comparti che potrebbe risultare tra i più danneggiati con cali superiori al 40% della produzione disponibile”.